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L’importanza dell’entrare “in accordo” con il nostro passato

Aggiornamento: 7 nov 2023

Condivido volentieri questo articolo che sottolinea l’importanza dell’entrare “in accordo” con ciò che c’è stato, con il nostro passato qualunque sia stato.

Aggiungo un breve scritto di Bert Hellinger, che apre a nuove prospettive e mi viene in mente un’immagine: un albero che grazie al proprio “vissuto”, ha ora radici ben piantate nel terreno in cui vive, e può sviluppare nuova chioma.

La tranquillità E’ tranquillo chi è capace di lasciare qualche cosa. Ad esempio una preoccupazione, l’agitazione del cuore dopo un’offesa, un’umiliazione o una diffamazione. Tranquillo è anche chi lascia indietro vecchi sogni, vecchie pretese, rimproveri di un tempo per aprire il proprio cuore da dentro e prepararlo con calma e tranquillità alle nuove possibilità e ai nuovi doni. Quindi è anche tranquillo chi perdona, chi vede quel torto come un fatto del passato senza serbare più rancore. Questa tranquillità dell’animo è forza senza emozione, accumulata disponibilità nei confronti di ciò che sarà e che è ora. Da uno scritto di Bert Hellinger


Ricominciare a 50 anni Davanti a me una donna di 53 anni. In lei traspare un’antica bellezza e una forza seduttiva ormai umiliata e schiacciata sotto il peso di grandi difficoltà, di sacrifici economici e privazioni che l’hanno sfinita. Le sue parole sono accompagnate da un profondo rammarico e una nostalgia rabbiosa per un passato che non tornerà più. Si rende conto di aver disprezzato e distrutto tutte le opportunità, le occasioni di gioia e di abbondanza che la vita le aveva donato. “Ciò che più mi dispiace è non aver avuto una passione da seguire. Mi sono sempre annoiata e stancata di tutto. Ora invidio chi ce l’ha mentre io mi sento vuota e senza scopo”. La passione è forza, è energia, è desiderio verso qualcosa o qualcuno. Ma questo qualcosa o qualcuno va verificato. Molti hanno una vera passione per il sacrificio, per la povertà, per la pulsione di morte, vorrebbero seguire qualcuno che hanno perso e lo fanno per amore. Il significato che l’etimologia della parola indica è quello di sofferenza, di pena, di grande dolore (pensiamo alla passione di Cristo). E’ un’intensa e dolorosa condizione interiore che appesantisce e provoca dolore. Così questa donna non si è mai accorta che una passione ce l’ha sempre avuta, l’ha seguita e la segue ancora: la passione per la sofferenza e le eroiche rinunce. Perché? E’ masochismo? No, è amore. E’ fedeltà e amore verso quel padre assente, a lungo criticato che si è accorto di lei soltanto per spezzarle un sogno, una passione quand’era molto piccola. Un padre da cui ha ereditato il senso del fallimento e della rinuncia. E così ha iniziato un circolo vizioso di nuovi progetti e autosabotaggi, di momenti di entusiasmo e depressione; una routine che le è servita a togliere energia ad ogni passione che si affacciava, a sminuire ogni talento che scopriva. E la noia le è utile per non iniziare niente o per lasciare tutto incompiuto: lavori, progetti, amicizie, relazioni sentimentali. Li lascia prima lei, prima che diventino troppo importanti, prima che arrivi un successo o una gioia, prima che qualcuno o qualcosa li porti via. La passione, quando c’è, va compresa, coltivata, costruita e trasformata in un progetto di vita che dia gioia, benessere, evoluzione. Così per qualcuno arriva il momento di prendere atto della situazione presente e guardare indietro per riflettere sulle decisioni prese, sulle scelte fatte, sulle opportunità rifiutate. E si avverte un dolore morale e psicologico molto più forte di un dolore fisico. E’ la mente che si guarda indietro e si rende conto di ciò che ha fatto all’anima. Si può arrivare alla depressione, alla paralisi esistenziale, all’apatia. Si può ricominciare? Da dove? E soprattutto, perché? Ognuno può trovare la sua risposta, io vi offro la mia. Si ricomincia accettando tutto il passato, a partire dai nostri genitori, dalla nostra famiglia, dal luogo in cui siamo nati; accettando tutto il dolore, tutto ciò che siamo stati e siamo diventati perché siamo il frutto di strade percorse, di scelte fatte in buona coscienza; accettando il presente anche se è diverso da come avremmo desiderato perché in qualche modo, l’abbiamo voluto, pensato e costruito. E si ricomincia considerando che il tempo non è lineare, è circolare, multidimensionale e il passato possiamo portarlo qui, nel presente, rielaborarlo, dargli un altro significato e trasformarlo in un presente che diventa il seme per un nuovo futuro, un seme fatto di consapevolezza, di nuovi atteggiamenti, di sentimenti accettati, di ricordi ristrutturati, di nuove percezioni e soprattutto di comportamenti, azioni e reazioni diverse. Un futuro che inizia “qui e ora” e come una forza centripeta, prende energia per espandersi e aprire nuove strade, inizi, opportunità. Perché il tempo è un tempo psicologico, il tempo di vedere realizzata l’unità e l’unicità di se stessi. E si può ricominciare dopo i 50 anni, dando un nuovo senso alla vita, per amore di chi volevamo seguire nel dolore, per onorare il suo destino e distaccarcene portandolo nel nostro successo, comunque esso sia, nella nostra gioia di vivere. E andare verso una vita piena, un bene prezioso da onorare, rispettare, salvaguardare e trasmettere affinché altri dopo di noi, possano vivere meglio di come abbiamo fatto finora. Vivere e come vivere è una scelta, e ognuno va rispettato per quella che fa. Da uno scritto di M. M. Minichetti
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