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Un ascolto attento porta allo scoprire un’interiorità più profonda di quel che si immagina

Aggiornamento: 7 nov 2023

Il capitale interiore Ai genitori contemporanei, sempre tentati dal desiderio di esercitare il controllo. E ai figli, che si sentono chiusi in una prigione lontani dai suoni del mondo. A tutti viene in soccorso il poeta Rainer Maria Rilke, che invita a guardare nello scrigno di memoria della propria infanzia. E’ quello il vero tesoro. Come garantire ai tuoi figli una vita interiore. Era questo il titolo di un articolo pubblicato sul New Yorker del 18 febbraio. L’autore, Jess Row, dà voce ai dubbi di un padre contemporaneo: spezzato tra il desiderio di concedere spazio alla sua bambina che diventa teenager e la tentazione di ricorrere a tutti i mezzi possibili (geolocalizzazioni, carte prepagate, storico del pc e account Instagram al setaccio) per esercitare un sano controllo ossessivo. Ho cominciato a leggere, condividendo ogni passaggio, brivido, richiamo alla fiducia.
Poi è arrivata una citazione di Rainer Maria Rilke (dalle Lettere a un giovane poeta) e mi sono ritrovata dall’altra parte: quella dei ragazzi. Rilke invita il destinatario a non perdersi d’animo se dovesse ritrovarsi un giorno chiuso in una prigione le cui pareti non lasciassero arrivare ai suoi sensi i rumori del mondo. “Non le rimarrebbe anche in quel caso la sua infanzia, quella ricchezza squisita, degna di un re, quello scrigno di memorie? Rivolga lì la sua attenzione”. Mi sono così ricordata di aver cercato di seguire – quando l’età era quella giusta, quella che Rilke scrivendo aveva in mente – il consiglio dello scrittore. Sommavo i suoni dell’infanzia per vedere se davvero la mia “personalità” si sarebbe “rinsaldata” come lui prometteva. Il borbottio della Vespa del nonno che rientrava a casa, in campagna, infilando lentissima il corridoio tra gli aranci. Le cicale come lo schiaffo di un’onda capace di coprire tutto, anche il caldo del pomeriggio, quando aprivi la porta sul giardino per uscire a giocare. Il silenzio dei pesci rossi nella vasca piastrellata del condominio milanese, via Don Rodrigo 2, quando era tempo di tornare in città per cominciare la scuola: se sopravvivono loro qui, sopravvivrò anch’io. La voce di mia madre che intonava una canzone dei suoi vent’anni mentre con mio fratello cercavamo disperatamente di far funzionare il nostro primo registratore, tasto Rec arancione. Il temporale d’agosto, quando è nata mia figlia, che entrava dai finestroni spalancati lungo il rettangolo dei corridoi dell’ospedale Mangiagalli. Come l’eco di una banda per la festa di un santo. Le fusa, all’improvviso, la notte che la gatta sembrava morire. “Restare in ascolto” consigliava premuroso Rilke al giovane allievo, è la strada per arrivare alle “cose indicibili” della vita interiore.

Tratto da “Io Donna” del 09/03/2019


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